Dopo un buon piatto di linguine allo scoglio, può capitare che un frammento di prezzemolo infidamente si incastri fra gli incisivi. A meno che abbiate uno specchio a disposizione, il maledetto rimarrà al suo posto insultando tanto più il bianco lucore dei vostri denti quanto più sarete propensi al sorriso. Solo la bonaria segnalazione del commensale con cui siete più in confidenza potrà togliervi dal subdolo impaccio. C’è chi addirittura ha graduato una bizzarra scala di confidenzialità proprio su piccoli episodi come questo. Solo gli amici, o le persone più sincere e trasparenti, si sentono davvero in dovere di entrare così in confidenza.
Presidente Berlusconi, forse non gliel’ha ancora detto nessuno dei suoi analisti e consulenti, ma fra qualche mese il suo sorriso potrebbe non essere più così radioso come ci è apparso, per lunghi mesi, dai manifesti elettorali. Il motivo? C’è una questione, in Italia ma non solo, che, rispetto ai grandi temi sui quali si dovrà impegnare, potrà apparirle minuscola come una fogliolina di prezzemolo. È la questione della disabilità: che ne vogliamo fare di questa milionata o due di persone con qualche handicap più o meno grave?
Presidente Berlusconi, nel corso della legislatura testé sepolta, il Centrosinistra (o Centro-Sinistra o Centro Sinistra) si è dimostrato nei confronti delle persone con disabilità prodigo di promesse, ma tirchio nei fatti. E un po’ troppo chiacchierone. Chiacchierone perché i suoi “programmi di azione” si sono dimostrati, alla fin fine, solo un’ambiziosa antologia di buoni propositi. E pasticcione: quando si è trattato di realizzare iniziative che realmente portassero benefici ai più deboli, le ha impastoiate in mille incombenze, certificazioni, “se” e “ma”.
Il Governo che ha preceduto il suo era tanto attento alle esigenze dei più deboli da non elevare nemmeno al rango di Ministero il Dipartimento degli affari sociali. Il Ministro per la solidarietà è rimasto senza portafoglio. E senza anche qualcos’altro.
La Ministra Livia Turco è stata eretta a ruolo di Grande Sorella maggiore di tutti i disabili e i deboli di ogni razza ed età. Non c’è che dire: dotata del phisique du rôle più consono, ha vestito perfettamente i panni di scena. Doveva essere la sorella che media fra le querule richieste dei fratelli minori e le necessità di un padre (lo Stato) pressato da mille altre esigenze e con una borsa più piena di debiti che di crediti. Di fronte all’indifendibile la Grande Sorella tirava in ballo il venefico influsso dei fratellastri, gli odiosi “monetaristi” del Governo, attenti solo a ripianare i disavanzi.
Attorno a sé la Ministra ha raccolto una folla osannante, spesso prona e belante, ma ha anche incontrato la dialettica resistenza di molti individui che hanno orgogliosamente sostenuto il diritto alla cittadinanza attiva, alle pari opportunità, alla vita indipendente, a poter “essere” nella società come tutti. Obiettivi questi non perseguibili se non con interventi radicali sospinti da una forte volontà politica. Niente da fare, quindi, per ora.
Ma la Grande Sorella e la sua brigata durante la loro avventura hanno anche partorito alcune norme, spesso con l’appoggio dell’opposizione, che, pur con tutti i loro limiti, avrebbero dovuto marcare una svolta almeno nel mondo della disabilità.
È stata approvata la riforma dell’assistenza sociale. La legge precedentemente in vigore era frutto di Francesco Crispi, presidente del consiglio che forse lei ha assunto fra i suoi modelli.
Alcune norme di carattere fiscale hanno concesso alcuni benefici, limitati ma fortemente enfatizzati, alle persone con disabilità e ai loro familiari.
E’ stata modificata la legge quadro sull’handicap, rafforzando (più a parole che con i fondi) gli interventi a favore degli handicap gravissimi.
Anche le disposizioni relative al diritto al lavoro sono state finalmente rimpiazzate da un impianto normativo che dovrebbe permettere un collocamento mirato (la persona giusta al posto giusto).
Ancora: è stato approvato un Programma di Azione del Governo per le politiche dell’handicap da realizzarsi nel triennio che va dal 2000 al (sic!) 2003.
È un programma, nel caso non l’avesse letto, che non è possibile non condividere. Ma è anche molto impegnativo. Con slancio, ma anche con disincanto, vi abbiamo collaborato anche noi di Mobilità. Con lo stesso disincanto, a costo di apparire un po’ qualunquisti, accogliamo ora il cambio di maggioranza.
Adesso la palla passa al suo Governo e la situazione ci ricorda molto uno spassoso episodio accaduto un ultimo dell’anno di qualche tempo fa. Alcuni amici entrano in un rinomato e costoso locale dove bivaccavano alcune simpatiche ed avvenenti ragazze. Il più intraprendente, senza consultare gli amici, urla al cameriere: champagne per tutti! Il conto era talmente alto che tutti dovettero mettere mano al portafoglio. E nessuno osò tirarsi indietro per evitare figuracce.
Presidente Berlusconi, gli impegni presi da chi l’ha preceduta sono indifferibili e ineludibili. Lo sono almeno tanto quanto altre esigenze della società civile: il lavoro, la sanità, le infrastrutture, il rilancio dell’economia. Siamo convinti che nelle politiche per i più deboli non si rispecchi solo la civiltà di una nazione o la benevola compassione dei suoi governanti, ma vi si ritrovi anche la razionalità della spesa pubblica e, perché no?, anche un modo di favorire occupazione e produzione di reddito.
Qualche esempio? Le nostre città sono ancora tutt’altro che a misura d’uomo soprattutto se questo non è giovane e forte. Ci sono milioni di chilometri di marciapiede da rendere accessibili, gradini da abbattere, piste ciclabili da realizzare, rampe e scivoli da costruire, ascensori da istallare. Tutti interventi poco appetibili per le grandi aziende (quelle del Ponte sullo Stretto o della Variante di Valico), ma vitali per le piccole imprese edili, le cooperative ed altre realtà che operano esclusivamente in un ristretto ambito territoriale.
Altro esempio. Ogni anno vengono assicurate agli anziani e ai disabili milioni di ore di assistenza, retribuite in nero perché molti degli assistiti non potrebbero permettersi di pagare contributi, IRPeF e tutti gli altri balzelli che l’Erario impone. Contemporaneamente un’ora di assistenza domiciliare, compresa di contributi e ritenute, può costare al singolo 20 mila lire. Le Aziende Uls pagano almeno il triplo per la stessa prestazione. Ci pensi. Qualcosa le verrà in mente.
Tutto ciò per dire che fra le tante sfide che la attendono (ma che sarebbero toccate anche a Rutelli, se avesse vinto), quella che le segnaliamo è assai particolare e non può consistere solo in programmi apprezzabili ma non finanziati, in finte agevolazioni, in proclami demagogici: quello è un film che abbiamo già visto e che, francamente, ci è venuto a noia.
Presidente Berlusconi, buon lavoro e attento al prezzemolo! (Carlo Giacobini)