Mi chiama un tizio. Lo conosco bene e da parecchio: è il presidente della sezione provinciale di un’associazione nazionale. È un’organizzazione ramificata e particolarmente qualificata su questioni relative alla mobilità delle persone con disabilità motoria. O almeno così si presenta.
Il presidente è una persona attiva, presente e soprattutto in possesso di certezze incrollabili. Padroneggia con invidiabile disinvoltura tutto lo scibile handicappesco. Cercate un ausilio per passare da un canale televisivo all’altro? Ha una risposta pronta per voi. Siete alle prese con una lite condominiale? Egli ha la soluzione a voi più favorevole. Non capite se avete o no diritto ad un beneficio? Risolve il dilemma e lo fa – statene certi – nel vostro esclusivo interesse. Abbiate però l’educazione di non chiedergli i riferimenti legislativi a supporto del suo dirimente parere: sarebbe un’imbarazzante mancanza di fiducia. Sì, forse qualche volta confonde fra ciò che la legge prevede e ciò che a lui (e anche a noi) piacerebbe affermasse, ma è una persona onesta.
Succede allora che i pareri (per lui sono la Verità) che fornisce siano spesso causa di contenziosi tanto ingarbugliati da non uscirne se non azzerando, quando possibile, l’intrico che ha provocato.
I problemi maggiori – ne ho le prove – li ha causati proprio offrendo consulenze sulle agevolazioni fiscali sui veicoli, materia che, a suo bizzarro avviso, rientra nel demanio della sua associazione. Francamente non ho ancora ben compreso se questo derivi da una sua scarsa conoscenza della normativa vigente oppure da qualche mal sopita tensione ideale. Ma tant’è: non passa settimana che non giungano segnalazioni di concessionari che hanno ricevuto indicazioni errate, di disabili che si vedono rigettare una richiesta di beneficio data invece per scontata dal presidente, di “articoli” a sua firma che contengono almeno un’informazione inesatta per capoverso. Nonostante tutto, per quanto egli caparbiamente si impegni, non riesco a volergli male
Dicevo allora che questo presidente, in un orario un po’ infelice, mi telefona e, com’è suo costume, senza tanti preamboli, arriva speditamente al dunque: “la gente non capisce. Noi ci mettiamo tutta la nostra buona volontà, ma le persone capiscono poco di queste agevolazioni fiscali sulle auto.”
Azzardo che, in effetti, le disposizioni sono piuttosto confuse e frutto di stratificazioni successive, che il problema maggiore è legato alla documentazione sanitaria da esibire e che forse la vera svolta si avrebbe solo con una semplificazione della normativa, intervento che il Legislatore sembra tutt’altro che intenzionato a realizzare. Anzi è da sperare che non combini più pasticci di quanti ne abbia già raffazzonato. Mi avvio ai saluti sperando di essermela cavata. Speranza vana. L’incontenibile ha il suo progetto da illustrarmi, proposito a cui non potrò sottrarmi data la potenzialità della sua trovata.
La sua associazione ha già individuato un generoso finanziatore (un’azienda che realizza prodotti per i disabili). L’idea è semplice quanto geniale: realizzare un manifesto, stampato in diecimila copie, che sintetizzi le agevolazioni fiscali sulle auto, una sorta di abaco dei benefici che lo Stato riserva ai disabili. Nel manifestone sarà riportato, oltre allo sponsor, lo schema generale di chi ha diritto ai benefici e quali sono le condizioni per accedervi. Poche righe e poche colonne in cui intabellare tutto ciò che la normativa prevede. E io che c’entro? Io avrò l’onore di elaborare la tabella che comunque poi verrà ricontrollata dal presidente. Sorrido fra me e me: posso stare tranquillo, allora. Anche i tempi – guarda caso – sono strettissimi.
Tento di fargli notare che questi temi sono affrontati da sei norme nazionali che si intersecano con una quindicina di circolari e risoluzioni e che non è facile ingabbiare il tutto in una griglia. Inutile. È irremovibile nella sua salvifica convinzione. Gli rammento che l’Agenzia delle Entrate ha diffuso, in ben due edizioni, un opuscolo divulgativo che può fare al caso suo. Mi chiude la bocca replicando che conosce bene l’opuscolo ma che questo non risolve i casi particolari (che sono la maggioranza) e soprattutto che c’è troppo da leggere.
Pur di liberarmene, mi impegno a pensarci. Nei giorni seguenti mi tampina, con ritmo crescente, una decina di volte. Mi prende per stanchezza: comincio, di malavoglia, ad elaborare qualcosa.
Calcoliamo innanzitutto le variabili “importanti”: i tipi di disabilità interessate dai benefici (e sono quattro, anzi cinque), i tipi di veicoli ammessi alle diverse agevolazioni (e sono sette), il limite di cilindrata (quattro variabili), il possesso di altri requisiti soggettivi quali patente speciale, indennità di accompagnamento, handicap grave, fiscalmente a carico … (ed è un’altra decina di condizioni). Tutte le variabili ovviamente si possono combinare fra loro. A me la calcolatrice: 6144 combinazioni possibili. Per ognuna corrisponde una specifica situazione cioè in ognuna di queste situazioni l’interessato può avere o meno diritto alle agevolazioni fiscali e in ciascun caso positivo la documentazione da esibire è diversa. Devo avere sbagliato qualcosa, ma la calcolatrice testardamente ripropone sempre quel maledetto risultato.
Tento comunque di costruire una tabella, ma il numero delle righe e delle colonne è improponibile e soprattutto devo chiosare con una sfilza di note lungo quanto un breviario.
E poi c’è l’inghippo delle certificazioni sanitarie. Per ogni tipo di disabilità è previsto un tipo, e in qualche caso più d’uno, di certificazione diversa: c’è da impazzirci. Handicap, invalidità civile, per servizio, di guerra, del lavoro, cecità, sordomutismo … quanto costano all’erario questi continui accertamenti?
Non c’è da stupirsi allora che i concessionari possano prendere qualche fastidioso granchio riconoscendo benefici a chi non ne ha diritto o negandoli a chi invece spetterebbero. E di granchi ne pescano, in modo non infrequente, perfino gli uffici delle entrate riconoscendo o negando i benefici con eccessiva leggerezza e soprattutto motivando per iscritto assai di rado le loro contestabili decisioni.
Torno alla tabella. Sfrondando tutti gli eccessi, potando le note, sintetizzando le locuzioni ed inserendo sincopate abbreviazioni, riesco a contenere lo schema in una pagina come mi è stato richiesto.
Il quadro di informazioni che ne esce è sicuramente di veloce lettura, ma nella sua sinteticità è banale e fuorviante. È fine a se stesso e provocherà sicuramente fraintendimenti: la sintesi, spinta a questo parossismo, non è sostenibile.
Per comprendere bene le disposizioni vigenti, per ora almeno, bisogna che i potenziali interessati si facciano venire la voglia di approfondire, di leggere, di comprendere lo spirito (un po’ allegro, invero!) delle norme, di coglierne i meccanismi, di riconoscere la propria posizione nella categoria dei beneficiari o in quella degli esclusi. Non è possibile informare ed informarsi con gli “schemini” usa e getta, di facile consumo ed immediata digestione. Se il diretto interessato non dispone degli strumenti per comprendere, lo deve fare qualcun altro al posto suo. E se ci devono essere degli esperti, che lo siano per davvero.
Getto la spugna, ma altrettanto non fa il “nostro” presidente. Riconosco il suo ormai persecutorio numero nel display del cellulare. Non rispondo. Gli farò avere una copia di questo numero di Mobilità anche se forse non lo leggerà: tutto è tranne che uno schemino. (Carlo Giacobini)