Anche il più accattivante dei motivetti diventa insopportabile quando viene propinato per settimane o financo per mesi. Il refrain che ronza dapprima piacevolmente in testa fa cambiare stazione o canale alla milionesima volta che te lo fanno riascoltare. Anzi, forse proprio in quel momento ti rendi conto di quanto siano idiote le parole e di come ti sia lasciato trascinare, come dal pifferaio di Hamelin, da una melodia priva di contenuto.
E, a proposito di persone con disabilità, di ritornelli se ne sentono parecchi e non durano certo una stagione. Né si riesce a zittirli con uno zapping liberatorio.
Il più ripetitivo e insinuante è quello che moraleggia: “La società si deve assumere il carico delle persone con disabilità. Questo impegno è il segnale della civiltà della Nazione”.
Sia chiaro: nessuno mette in dubbio il principio di fondo! È il modo che è giusto un tantinello ipocrita, perché dimentica, o vuole scordare, i risvolti effettivi di questo “sforzo” che la società si sobbarca o di cui dovrebbe caricarsi.
Con astuzia bottegaia fa più effetto ingigantire quanto si è speso rispetto a quanto ha guadagnato la collettività nel suo insieme. Anzi, visto che si parla di “sociale” e di poveri handicappati, mai deve scappare la parola “guadagno” ché rende bieco e profittatore chi se ne rende responsabile. Ma se questa omissione salvaguarda l’immagine di chi con il sociale ci lavora, sminuisce ancora di più la dignità di chi riceve un servizio. Viene rimarcato il suo essere un fardello che la società, a costo di tanti sforzi, si è issato in spalla.
Al contrario, sulla disabilità sono in molti a camparci, ad iniziare da questa rivista e da chi scrive. Niente di male, ma… ricordiamocelo: anche il mondo della disabilità ha un suo indotto e non certo di portata residuale.
Contiamo tutti gli insegnanti di sostegno che la scuola, pur con sempre maggiore avarizia, mette a disposizione. Enumeriamo le badanti, gli assistenti domiciliari, indipendentemente da chi è a retribuirli e da quanto pesano ormai sui bilanci delle famiglie. Aggiungiamoci gli operatori sanitari dei distretti, i terapisti della riabilitazione pubblici e privati, precari o in pianta stabile. Anche questi ci campano sulla disabilità: offrono la loro professionalità, sono – giustamente, anche se forse non equamente – retribuiti, pagano le tasse, consumano, spendono. Fanno girare l’economia, come direbbe qualcuno.
Pensiamo alle aziende di ausili, di protesi, di ortesi, alle officine che adattano i veicoli al trasporto, a chi vende software specifici, a chi ripara carrozzine. È un settore merceologico forse frammentato, ma vivace. Anch’esso sopravvive – nonostante molte Aziende Usl paghino dopo un anno – grazie alla disabilità.
E non ci stupisce l’ipotesi che alcune agevolazioni fiscali abbiano inciso perfino sul mercato dell’auto. Stando ai numeri forniti dalle Case automobilistiche, la fetta di mercato occupata dalla clientela con disabilità è tutt’altro che irrilevante.
Sulla disabilità si costruiscono carriere all’interno delle Aziende Usl: medici legali, assistenti sociali, specialisti, funzionari amministrativi, gettonisti dell’invalidità civile. Niente di male, ma sarebbe bene che qualcuno di loro non si scordasse che la “materia prima” va rispettata. Assieme alle carriere talvolta si mantengono anche veri e propri centri di potere. Pensate a cosa può significare o aver significato, in termini di potere, essere responsabili del servizio che accerta invalidità civili, handicap, capacità lavorativa, mansioni lavorative, patenti di guida… In quei casi solo la serietà dei professionisti impedisce di barattare favori personali con altro.
Sulla disabilità ci campano gli operatori di associazioni, cooperative, patronati sindacali, comunità alloggio, centri diurni dove vengono garantiti servizi. Più o meno bene, ma questo è un altro paio di maniche.
Sulla disabilità ci guadagnano gli avvocati che predispongono le interdizioni, le cancellerie dei tribunali, i periti di parte.
Quanto pesa tutto questo indotto? Qual è il suo fatturato? Quanti sono effettivamente gli addetti coinvolti? Nessuno, finora almeno, si è posto l’interrogativo.
Sarà per questa lacuna che con tanta leggerezza periodicamente ritorna l’insana proposta di limitare gli investimenti dello Stato, proposta che diviene frequente realtà con tristi conseguenze non solo per le persone disabili. È un intero settore, con i suoi addetti e la sua presenza economica, che va in crisi, assieme alle persone cui si rivolge. E tutto questo ha un impatto economico ampiamente sottovalutato al pari di quello che ha sulle famiglie.
Ma è politicamente più conveniente passare sotto silenzio tali dinamiche – anche economiche e lavorative – e relegare questo settore (assistiti e assistenti) nell’ambito della carità e della pietà dove la mano destra non deve sapere cosa fa la mano sinistra… e dove si dà quello che si può e non quello che si deve. (Carlo Giacobini)