Ha del tragicomico quello che è successo ieri al Ministero dell’economia.
Un momento segnato dal dilettantismo, dall’approssimazione e da una certa ipocrisia.
Il tutto di fronte ad una protesta sacrosanta giunta ormai a toni esasperati ove la minaccia di suicidio aleggia sopra gli stessi contenuti. Istanze semplici nella loro evidenza: ci sono persone e famiglie lasciate sole con lo schiacciante fardello di un’assistenza di cui lo Stato non si fa carico.
Sembra che sia finita bene, con buona pace di alcuni media, di alcuni politici già lanciati in campagna elettorale, di gruppi bisognosi di rivendicare la loro storia e di una parte di opinione pubblica vogliosa ora di storie a lieto fine ora di drammi su cui riversare la propria rabbiosa aggressività estrusa in mille twitt e click.
Invece è stata una giornata buia.
La delegazione è ascesa al Sottosegretario all’economia Polillo con una serie di richieste. Quella apparentemente più eclatante era di elevare lo stanziamento per il Fondo per la non autosufficienza. Fino a ieri mattina la somma prevista nel disegno di legge delega era di 200 milioni, la metà di quanto fissato nel 2009.
Nelle settimane precedenti c’è stato un balletto di cifre. Dapprima i soldi non ci sono. Ci piangono sopra Balduzzi e la Fornero.
Intigniscono tutti i capogruppi parlamentari facendo a gara a chi esprime il risentimento maggiore, quasi si fossero appena insediati o come se la questione non si trascinasse da quattro anni. Prevale l’efficace quanto errata definzione di “fondi per la SLA” che consente di poter affrontare un caso disperato, anziché riconoscere che le politiche sociali in Italia sono andate a picco.
S’indigna persino Brunetta, Ministro di quel Governo che ha ridotto i Fondi sociali del 94% in quattro anni.
Poi i relatori di Maggioranza in Commissione Bilancio scovano, in accordo con Grilli, 200 milioni per il Fondo non autosufficienza e 300 milioni per l’esangue Fondo per le politiche sociali.
Sembra che l’assicella sia fissata a quell’altezza anche se da più parti quelle cifre vengono considerate assolutamente inadeguate. Parte la protesta estrema dei malati di SLA intenzionati a lasciarsi morire per soffocamento se per i non autosufficienti non escono più risorse.
Ieri Polillo li rassicura: ci sono altri 200 milioni. E questo viene salutato come un successo portato a casa da un manipolo di uomini disposti a tutto.
Si tace però su vari particolari.
Il primo, forse capzioso: come mai i quattrini prima non c’erano e ora sbucano dal cilindro?
Il secondo, forse insinuante: dove li hanno trovati 200 milioni? Escludendo il falso nummario, forse sono stati drenati dagli stanziamenti a qualche Ministero o da qualche altro Fondo. Non voglio farmi sfiorare dal dubbio che siano stati spostati dal Fondo per le politiche sociali.
Il terzo particolare è legato alla variabile tempo. Non è credibile che questi 200 milioni siano comparsi ieri mattina. È evidente che la “soluzione” il Ministero ce l’aveva già nel cassetto.
Ma allora perchè non ha risolto la questione con un comunicato il giorno prima o la settimana precedente senza mettere a rischio l’incolumità delle persone e senza evitare quelle esibizioni sotto il Ministero?
C’è una bizzarra coincidenza che rende inquietante questo interrogativo.
Mentre il munifico sottosegretario concede i 200 milioni in più, la Camera sta approvando quella legge di stabilità che ancora non contiene misure aggiuntive per i non autosufficienti. Non c’è più tempo, nemmanco per il Governo, di emendarla.
Meglio così (bel calcolo veteropolitico per trattarsi di un Governo tecnico): non si rischia di cadere in imboscate da parte della liquida maggioranza sulla quale si appoggia il Governo Monti. Immaginate se l’emendamento governativo fosse stato bocciato dalla Camera o qualche testa calda avesse posto ai voti 400 o 600 milioni anziché i 200 governativi?
Meglio andare sul sicuro e rimandare il tutto ad un emendamento blindato: il Governo potrà presentarlo al Senato la prossima settimana. Forse.
Forse. Infatti Polillo, cadendo dal pero, interroga i convenuti circa la consistenza degli aventi diritto del fondo per la non autosufficienza. In gergo giornalistico: quanti sono i disabili gravi o gravissimi che potrebbero ottenere il sostegno dei nuovi finanziamenti?
E sulla soluzione di questo interrogativo basa la presentazione dell’emendamento al Senato e quindi lo stanziamento aggiuntivo di 200 milioni di euro.
L’imbarazzo è presto risolto dall’Onorevole Ignazio Marino, provvidenzialmente presente all’incontro. Il Marino non è un Senatore qualsiasi. È presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale. Quindi non potrebbe cadere più a fagiolo.
Ed infatti è lui a garantire che sarà in grado di chiedere e ottenere dalle ASL i dati sui disabili gravi e gravissimi. E nel caso siano reticenti (le ASL, non i disabili) interverranno i NAS.
Non è dato sapere se Marino intenda raccogliere i dati in cinque giorni, il che lo farebbe somigliare, in quanto a capacità miracolistiche, a Nostro Signore, oppure se si riservi qualche tempo in più e cioè almeno fino alla scadenza elettorale (il che lo farebbe somigliare comunque a Nostro Signore).
In ambedue i casi non è ben chiaro quando entrerebbero in azione i Nuclei Anti Sofisticazioni dell’Arma che forse farebbero precedere la loro operazione da un paio di cariche di alleggerimento e da qualche lancio di lacrimogeno a carambola.
Il Marino che, non casualmente, è anche membro della Commissione Igiene e sanità del Senato, dovrebbe sapere che non esiste nella normativa vigente alcuna definizione di “disabilità gravissima” e – udite! udite! – nemmanco di non autosufficienza. Non è ben chiaro, quindi, che cosa andrà a chiedere alle ASL. Di certo si faranno una grassa risata. Se la sono già fatta quando l’INPS è andato loro a chiedere 800mila fascicoli sanitari per avviare la disastrosa campagna sui falsi invalidi. Figuriamoci adesso che gli invalidi sono sicuramente veri.
O forse, il Marino, in collaborazione con la Commissione Igiene e sanità, ritiene di poter fissare in cinque giorni i criteri per individuare le disabilità gravissime e cioè di risolvere una ventennale lacuna. Magari aggiunge una nuova definizione a tutte le altre presenti nel florilegio normativo italiano – handicap, invalidità, disabilità, sordocecità, ecc. ecc. ecc. – e causa di altrettanti accertamenti.
Al di là dell’immane e costoso pasticcio, l’Italia dimostra che – nonostante un impianto di accertamento e di valutazione complesso, sovraccarico, costoso e che coinvolge migliaia di medici – non è in grado di conoscere i bisogni, le condizioni, le situazioni dei propri Cittadini. E non stiamo parlando di propensione al risparmio, o di numero medio di frigoriferi per famiglia: stiamo parlando di condizioni di salute.
Manteniamo carrozzoni come l’INPS e l’ISTAT che riescono a dirci ancora pochino. Pensate che fra i dati forniti dal primo e quelli elaborati dal secondo (basati su dati del primo) c’è uno scarto di qualche centinaio di migliaia di invalidi. Scomparsi (o comparsi) dalle pieghe di mille accertamenti diversi, appesi ad una definizione, inchiavardati in una prestazione.
Centomila più, centomila meno, non importa, perchè tanto dietro quelle cifre a tasso variabile oltre al nome e al codice fiscale c’è solo una percentuale di invalidità che non ci dice nulla sulle reali necessità e potenzialità delle persone.
Quali nuovi criteri possono mai essere inventati in cinque giorni? La fantasia non ha limiti, ma nulla potrà cancellare l’ignoranza del fenomeno.
E se si ignora (è una scelta politica) un fenomeno, non di può pensare a politiche serie e a servizi sostenibili, ma solo a rispostine emergenziali come quella a cui stiamo assistendo.
Un ultimo particolare. Comunque vada, questo finanziamento vale per il 2013. Il che significa che l’anno prossimo a novembre, con il Monti bis, saremo qui a parlare del fondo per il 2014.
Per adesso, mettiamoci seduti con calma e aspettiamo la genialata che verrà presentata al Senato. (Carlo Giacobini)