La gente comune non ricorda immediatamente cosa sia la DSU. Eppure le persone coperte direttamente o indirettamente da DSU, secondo gli ultimi dati disponibili, sono circa 18 milioni, cioè a dire il 31% della popolazione italiana.
La DSU è la Dichiarazione Sostitutiva Unica cioè quel documento che bisogna compilare, solitamente dopo una coda al CAF, per poter calcolare l’ISEE.
E l’ISEE è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, una cifra che indica, teoricamente ponderandola, l’effettiva disponibilità economica di un nucleo familiare.
Tirandola all’estremo: la disponibilità patrimoniale e reddituale di un nucleo viene ponderata a seconda del numero, dell’età e della condizione dei componenti della famiglia.
Ha una sua logica: diversa è la situazione di un nucleo di tre persone con una disponibilità di 50mila euro da quella di una famiglia di sette persone con la medesima disponibilità.
Nella DSU si riportano un bel po’ di dati, sul patrimonio, sul reddito, su condizioni particolari. Il modello che ancora si usa non è dei più semplici. Nel 2011, ultimo anno di cui abbiamo dati ufficiali, sono state presentate sette milioni e mezzo di DSU.
La presentano le famiglie che vogliono accedere a prestazioni sociali agevolate: asili nido, mense, accesso a contributi, riduzioni sui consumi elettrici o del gas, riduzione delle tasse universitarie, accesso a servizi per la non autosufficienza o la disabilità, alloggi pubblici e così via. Per un ampio spettro di agevolazioni, insomma, bisogna avere quella carta. E quella carta deve precisare che non si supera un certo ISEE, sennò ciccia! Niente agevolazione o pagarsi, almeno parzialmente, i servizi.
E allora si tirano fuori le cartuccelle della denuncia dei redditi, la documentazione su proprietà e conti correnti, si impilano in una cartellina e si prende il numerino al CAF.
Siccome dopo anni di “sperimentazione” (dal 1999) ci si è resi conto che, in particolare per la parte patrimoniale, c’erano troppe elusioni, che era giunto il momento di stringere i cordoni delle agevolazioni, che bisognava mettere gli enti locali nelle condizioni di chiedere una maggiore compartecipazione ai cittadini, il Governo Monti, al massimo del suo orgasmo rigorista, ha ben pensato di cambiare i criteri e di prevedere un nuovo regolamento che ci ha messo due anni per vedere la luce.
Non ci interessa qui evidenziare gli aspetti di profonda iniquità della norma (che, solo ad esempio, considera la pensione sociale come un reddito da lavoro), né interrogarci sulla capacità selettiva del nuovo ISEE in un Paese che evade per 180 miliardi l’anno. A questo, magari, ci penserà il Parlamento che ha di recente, almeno a parole, cambiato verso, sempre che non ci pensi prima qualche magistrato o lo strumento non imploda in se stesso.
Lasciando correre questi aspetti del tutto secondari che interessano solo la qualità della vita di qualche milionata di cittadini, concentriamoci sulle code ai CAF.
La vecchia DSU era una unica. Si poteva rifarla nel corso dell’anno se il nucleo o le condizioni cambiavano, ma sostanzialmente quella era, buona più o meno per tutti gli usi. Sette milioni e mezzo di DSU che giravano nel 2011, dicevamo, e già ci si lamentava per la “mancanza di controlli efficaci sulla veridicità dei dati rilevati ai fini ISEE”.
Ora arriva quella nuova, o almeno Ministeri e INPS dicono che ci stanno alacremente lavorando per renderla disponibile quanto prima come previsto dal nuovo regolamento ISEE in vigore dall’8 febbraio scorso.
L’Ufficio complicazioni del Ministero del Lavoro ha messo in campo le migliori energie per la nuova DSU. Potrà e dovrà essere diversa a seconda delle agevolazioni richieste.
Se si richiede la riduzione delle tasse universitarie, il figlio residente altrove va considerato nel nucleo di origine; per le altre agevolazioni quel figlio non si conta.
Se si richiede di ricoverare in RSA un anziano non autosufficiente, vanno conteggiati anche i figli non conviventi; per le altre agevolazioni non si contano.
Se si richiede una prestazione socio-sanitaria per una grave disabilità, non si conteggiano i genitori, che invece tornano magicamente nel nucleo per tutte le altre agevolazioni.
Se si presenta la DSU per un contributo per la non autosufficienza quello stesso contributo dell’anno precedente non si conteggia; fa invece cumulo reddituale (sic!) per tutte le altre agevolazioni.
Potremmo proseguire con altri esempi, ma fatevi bastare questi.
Molto probabilmente i sette milioni e mezzo di DSU del 2011 saranno moltiplicati verosimilmente per quattro, con buona pace di chi deve eseguire validazioni e controlli. Un sistema che rischia la paralisi prima ancora di partire: l’esatto contrario della semplificazione amministrativa.
Il pensiero non va certo a INPS e Agenzia delle entrate che verranno travolte dal numero di richieste e dagli effetti di un software di gestione con un diagramma di flusso schizoide, ma piuttosto ai cittadini costretti a situazioni estenuanti e ripetute di cui difficilmente riusciranno a trovare il bandolo. E mentre aspettano in coda, niente “prestazioni sociali agevolate”. Questa sì che è capacità selettiva! (Carlo Giacobini)