Ogni anno, più o meno con queste calure, ISTAT certifica l’incidenza della povertà assoluta e della povertà relativa. Dovrebbe essere un indicatore importante rispetto alla qualità della vita del Paese, forse anche più rilevante di tanti altri dati sull’andamento dell’economia, della borsa, del PIL. Dovrebbe anche condizionare le agende politiche dei nostri Governi. Dovrebbe.
Da qualche ora abbiamo la notiziona pedissequamente rilanciata dalle agenzie e dai TG dell’ora di cena: “Da quest’anno ci sono meno poveri in Italia”. “Dopo due anni di aumento (in realtà il tasso di povertà aumenta almeno dal 2004), il dato è in controtendenza”.
Yeppa!
E in effetti, a leggere i comunicati ufficiali di ISTAT diramati questa mattina le prospettive appaiono più rosee. Lo rileva l’Istat nell’indagine sulla spesa delle famiglie: 1 milione 470mila famiglie (5,7%) è in condizione di povertà assoluta il che significa 4 milioni e 102mila persone).
Renzi è soddisfatto.
Anche l’indice di povertà relativa (chi tribola ad arrivare a fine mese) risulta stabile. Nel 2014 la povertà relativa riguarderebbe il 10,3% delle famiglie e il 12,9% delle persone residenti, per un totale di 2 milioni 654 mila famiglie e cioè 7 milioni 815 mila persone.
Sospiro di sollievo.
Renzi è soddisfatto.
Il giornalista medio ha il pezzo bell’e pronto. Se è filogovernativo enfatizza l’inversione del trend (e che Renzi è soddisfatto). Se è antigovernativo sottolinea l’enormità del numero (e che Renzi è soddisfatto). I poveri restano poveri anche domani, “ma cambiamo decisamente notizia”.
La memoria è una brutta bestia. Entra come un tarlo e spinge a verificare, controllare, ravanare. Un controllo che è agevole essendo i rapporti a disposizione in rete (oltre che salvati su disco fisso).
Ricompulsiamo il report di ISTAT dello scorso anno relativo al 2013.
“Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Le persone in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila).”
Alla faccia del leggero calo! Comparando i dati ci sono 2 milioni di poveri assoluti in meno e altri 2 milioni abbondanti di poveri relativi in meno.
Era un numero imponente 6 milioni di poveri assoluti che ci poneva quasi in fondo della classifica europea degli stracciaculo. Un marchio decisamente infamante. 10 milioni di poveri relativi (980 euro al mese in due), poi, era una popolazione di dimensioni simili all’intera Grecia.
Dove sono finiti? Morti di inedia? Migrati con barconi verso altri lidi?
Mannò! Basta leggere essere talmente bacati da leggersi la nota metodologica di ISTAT per capire l’arcano. Hanno cambiato il metro (da 100 a 150 centimetri?). Lo scorso anno ci si basava sui “consumi delle famiglie”, da quest’anno l’Istituto di Statistica si fonda sulla “spesa delle famiglie”. Non chiedete cosa significa: forse quando gli italiani consumano sono parchi, quando devono spendere diventano prodighi.
Scopriamo anche, dalla “rivalutazione” di Istat, che con questa nuova metrica applicata ex ante già lo scorso anno i poveri assoluti non erano 6 milioni, ma solo 4 milioni e 400 mila.
Fatto si è che – e questa è la notiziona – siamo molto meno poveri di quanto ci avevano raccontato per dieci anni. Ovviamente nessuno ha avuto la faccia tosta di menarne vanto (a parte Renzi che è soddisfatto).
Mi rimane una fastidiosa domanda: mi hanno coglionato prima o mi stanno coglionando ora? (Carlo Giacobini)