L’evidenza mediatica l’hanno innescata i ristoratori e proprietari di stabilimenti balneari, che fanno fatica a trovare camerieri o barman poiché – a loro giudizio – non invogliati a lavorare in quanto percettori del reddito di cittadinanza o della cassa integrazione (forse un paio di domande potrebbero farsele pure loro). A parte questa nota di colore il dibattito e le poste in gioco sono molto più seri. E ben delineati dal Ministro Orlando che ne ha fatto oggetto di sensate dichiarazioni pubbliche e di risposte di fronte al Senato.
Sul reddito e la pensione di cittadinanza ruotano (per ora) circa 26 miliardi nel triennio che di conclude l’anno prossimo. Attorno a quella misura non è mancato un enfatico marketing politico altalenante fra “l’abrogazione della povertà” e mirabolanti politiche attive per l’ingresso, dato per certo, nel mondo lavoro. Ma non sono mancante, sul versante opposto, nemmeno inclementi ridicolizzazioni e banalizzazioni (furbetti, incentivo alla pigrizia e via andare), anche queste non del tutto credibili. Nel mezzo ci sta chi ha bisogno per davvero di sostegni.
Orlando, con i prudenti toni che gli sono propri, eufemizza: lo strumento ha bisogno di una manutenzione. «È stato uno strumento fondamentale per evitare che la crisi economica si trasformasse in una crisi sociale: ha prodotto dei buoni risultati nel contrasto alla povertà assoluta, ma purtroppo non ha cancellato la povertà. Si è attribuito a questo strumento più di quanto poteva ed è stato un torto a quello strumento, perché è stato positivo. Non ha funzionato su un altro fronte, quello delle politiche attive del lavoro: lì bisogna fare un percorso ad hoc»
I dati in realtà non sono così rassicuranti: il rapporto sulla povertà in Italia – anno 2020 (ISTAT) in questi giorni L’ISTAT riporta come nel 2020 siano in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4%). Abbiamo toccato cifre mai viste dal 2005 in poi. Un fenomeno che continua ad incidere maggiormente al Sud, ma che segna un marcato incremento anche al Nord. E in tutto questo quadro un brivido lo restituisce la povertà minorile e anche quella degli anziani oggetto di un altro report ISTAT.
Ha funzionato il reddito di cittadinanza? A vedere i dati non così tanto da superare la soglia della povertà assoluta, ma secondo i conteggi di ISTAT i poveri assoluti sarebbero comunque un po’ meno poveri grazie a quelle misure. In sostanza si rimane nell’alveo della povertà, ma si ha qualche spicciolo in più da spendere in generi di prima necessità. Il tutto ha come fondale la pandemia che ha impattato in modo più crudele sui più deboli.
Ora, se il reddito e la pensione di cittadinanza saranno oggetto di quella ventilata manutenzione, sarà forse opportuno tentare di sanare il peccato originale di cui è intriso rispetto alla disabilità.
La disabilità, la non autosufficienza, la dipendenza da caregiver familiari sono verosimilmente fra i primi determinanti dell’impoverimento prima e della povertà poi.
Quando si è approvato il reddito di cittadinanza si è commesso il grave errore di non considerare il costo della disabilità, quasi negandolo o sussumendolo in altre condizioni. Ma tant’è: a parità di condizioni economiche del nucleo familiare, quello in cui è presente una persona con disabilità grave percepisce un contributo inferiore (o ne rimane escluso) rispetto a quello in cui non vi siano componenti con disabilità. Perchè? Semplice: l’importo della pensione di invalidità civile, o altri sostegni erogati in ragione della disabilità, viene defalcato dall’erogazione. Si salva l’indennità di accompagnamento
Questo lo si scriveva, inascoltati, già durante il Governo Conte I.
A distanza di tre anni la stessa Corte dei conti, nell’ultimo rapporto (2021) sul coordinamento della finanza pubblica, si sbilancia affermando che le conoscenze ormai accumulate suggeriscono aggiustamenti allo strumento, “in grado di favorire maggiormente l’inclusione di famiglie numerose e con disabili, penalizzate in termini relativi, rispetto all’ampio numero di nuclei monocomponente”.
Nonostante l’assordante silenzio attorno a tutto cio, forse è ora e tempo di rimediare a quel peccato originale. Ora, che qualcosa non ha funzionato, ne abbiamo le prove. E ce le ha anche il Ministro Orlando.