Nel leggere il disegno di legge delega sulla disabilità (Atto della Camera 3347) – che verrà discusso dalle Camere a tappe forzate e senza ampi margini di dibattito – rimane l’impressione di molti coni d’ombra. Sorgono spontanee alcune domande.
1. La legge delega si fonda materialmente sul PNRR approvato dalla UE. La riforma che l’Italia ha presentato ha come obiettivo dichiarato “di modificare la legislazione sulle disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione (vale a dire il trasferimento dalle istituzioni pubbliche o private alla famiglia o alle case della comunità)”. Perché nel testo della delega non c’è nemmeno una parola, neanche nei progetti di vita, sull’accompagnamento alla deistituzionalizzazione?
2. La legge delega prevede “adozione di una definizione di disabilità coerente con l’articolo 1, comma 2 della CRPD, introducendola nella legge 5 febbraio 1992, n.104, definendo un processo valutativo della condizione di disabilità”. Perché la legge delega si prodiga nel sostituire la definizione vigente di handicap ma conferma le definizioni di invalidità civile che sono bene poco coerenti con la Convenzione ONU?
3. La definizione di handicap (104/1992) verrà abrogata e sostituita da quella di disabilità, che sarà correlata ad “un processo valutativo complesso”, distinto tra una “valutazione di base” e una “successiva e facoltativa valutazione multidimensionale”. Attualmente la condizione di handicap viene riconosciuta da una commissione piuttosto “corposa”. Manteniamo anche per la valutazione di base la stessa composizione? Il testo non ne fa cenno.
4. Come detto, la legge delega prevede che vi sia una valutazione di base della disabilità. Inoltre, riconduce alla valutazione di base anche quelle relative alle minorazioni civili. Per le seconde (minorazioni civili) prevede l’affidamento “ad un unico soggetto pubblico dell’esclusiva competenza medico-legale sulle procedure valutative (…), garantendone l’omogeneità su tutto il territorio nazionale”. Per la prima (disabilità) non indica competenze. Chi effettuerà la valutazione di base della disabilità? Nel testo non è espressamente indicato.
5. La legge delega non esprime nessun riferimento alla revisione (in corso) dei criteri di individuazione degli alunni con disabilità (art. 1, comma 181, lett. c), n. 5, della legge 13 luglio 2015, n. 107) e alla revisione del sistema di valutazione della disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa ai sensi della legge n. 68/99 (art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 14 settembre 2015, n.151). Perché questa omissione? Forse sono due ulteriori percorsi? E se sono due ulteriori percorsi come si può parlare di semplificazione? E se è un percorso unico ci si rende conto della complessità di questa unificazione?
6. La valutazione multidimensionale e – parrebbe – anche la valutazione di base della disabilità prevedono che il riconoscimento avvenga tenendo conto delle classificazioni internazionali (ICF e ICD). Si ritiene che negli operatori coinvolti sia già consolidata la conoscenza di questi strumenti classificatori e descrittivi?
7. La legge delega prevede che, nella redazione del progetto di vita, siano indicate le barriere e i facilitatori necessari a “compensare le limitazioni alle attività e a favorire la partecipazione della persona nei diversi ambiti della vita e nei diversi contesti di riferimento, inclusi quelli lavorativi e scolastici”. Fra i facilitatori vi sono sicuramente gli ausili, le protesi e le ortesi la cui individuazione è attualmente incardinata nei progetti riabilitativi. Anche questi confluiranno nel progetto di vita? E con quali garanzia di integrazione con la normativa e i procedimenti già in essere? Con quali competenze e responsabilità?
8. Alcuni sostegni contemplati dalla normativa vigente sono legati – attualmente – ai verbali di handicap e/o di invalidità. Pensiamo alla concessione di agevolazioni sui sussidi tecnici e informatici, alle agevolazioni fiscali sui veicoli, alla concessione del contrassegno per la circolazione e la sosta. Trattandosi schiettamente di facilitatori pensati proprio per compensare le limitazioni alle attività, rientreranno nella valutazione di base, o si dovrà transitare per la valutazione multidimensionale e quindi per il progetto di vita? La legge delega non fornisce elementi per una risposta certa.
9. Le Unità di valutazione multidimensionale, incaricate anche della redazione dei progetti personali, dove saranno “materialmente” incardinate? A seconda delle Regioni? Dove già si trovano? O ancora nelle Case della salute ipotizzate dal PNRR? La legge delega non lo dice e non se ne comprende la visione.
10. Quali strumenti di ricorso e di riesame sono garantiti al cittadino rispetto alla definizione del progetto di vita che ritenga improprio o inadeguato? La legge delega non esprime questa ipotesi, né prevede espressamente di disciplinarla nei decreti applicativi.
11. La legge delega assicura che l’elaborazione del progetto di vita personalizzato e partecipato coinvolga attivamente anche gli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione. Non è previsto che l’interessato possa scegliere quale ente coinvolgere o non coinvolgere, oppure che possa indicare l’ente di sua fiducia o quello che ritiene maggiormente competente. Come viene garantita l’autodeterminazione della persona con disabilità e di chi lo rappresenta?
12. La legge delega indica che il progetto di vita possa essere supportato da un “budget di progetto” (non già un budget di salute) cioè “l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche volte a dare attuazione alla progettazione”. Trattandosi di supporti che sono erogati da enti differenti (SSN, Comune, ASL, Centri per l’impiego, Terzo settore…) chi è il garante, il responsabile (anche in giudizio) della reale fornitura, oltre al case manager che è solo l’interfaccia?
13. la legge delega prevede la portabilità del progetto personale: “prevedere che sia garantita comunque l’attuazione del progetto di vita personalizzato e partecipato, al variare del contesto territoriale e di vita della persona con disabilità”. Apprezzabile intento; significa però che un cittadino che cambia regione ha diritto a mantenere anche le prestazioni previste nella regione di origine e non contemplate dalla regione di destinazione, o per le quali questa non ha disponibilità di bilancio. Siamo così certi che le regioni possano accettare una tale compressione delle loro prerogative in totale assenza di LEA?
14. La legge delega prevede un “efficace sistema di controlli sulla effettiva sussistenza e permanenza dello stato invalidante [così nel testo] in modo da monitorare l’adeguatezza delle prestazioni rese”. Non si fa cenno alle tutele, già in parte presenti nella normativa vigente, utili a contenere gli abusi nei controlli e nel ricorso allo strumento della rivedibilità. Qual è il senso e la ratio di questa omissione?
15. Il PNRR approvato dalla UE, oltre alla riforma “legge quadro sulla disabilità”, include alla stessa Missione la riforma relativa alle persone anziane non autosufficienti. Quest’ultima prevede “l’individuazione di modalità di riconoscimento della non autosufficienza basate sul bisogno assistenziale”. Nella legge delega non è previsto nessun raccordo con questa ipotesi, peraltro in via di definizione normativa. Non sono contemplate nemmeno una differenziazione e una qualificazione dei percorsi per gli anziani con disabilità. Qual è dunque la visione? Una separazione o che altro? Sul punto, la legge delega non si esprime, nemmeno sulla parte che riguarda la valutazione di base (memo: circa il 74% dei titolari di indennità di accompagnamento sono over 67 anni)
16. La valutazione multidimensionale che a quanto pare dovrebbe riguardare tutti gli ambiti della vita e tutti i servizi e sostegni possibili è certamente un’attività imponente per gli operatori e per gli stessi cittadini, attività che richiede tempo e risorse. È etico investire queste risorse per un progetto la cui redazione sia ineccepibile scientificamente, ma non esigibile per limitazioni di bilancio?
17. Come mai nella delega richiesta per la “riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità” non sono espressamente richiamati gli obblighi, gli standard e le sanzioni già esistenti su molti aspetti relativi all’accessibilità dei prodotti, dei luoghi e dei servizi? E quindi perché si riconduce l’azione della pubblica amministrazione solo ad obiettivi strategici, performance, carte dei servizi senza evidenziare gli obblighi come punto fermo?
18. Come mai nella delega richiesta per la “riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità” non sono previste specifiche misure per la verifica e il controllo preliminare su contratti, convenzioni, forniture di prodotti e servizi pubblici?
19. Il Garante nazionale delle disabilità previsto nella legge delega quali relazioni avrà con l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il Ministero per le disabilità e con l’Osservatorio nazionale per la condizione delle persone con disabilità? Sarà un organismo indipendente da quegli organi o vi saranno sovrapposizioni?
Domande a cui non si può rispondere “poi lo prevediamo nei decreti attuativi”. La legge delega, per sua natura, deve essere chiara nei principi, nei criteri, ma anche nella visione da perseguire.
(Carlo Giacobini)