Le leggi sono ragnatele che le mosche grosse sfondano,
mentre le piccole ci restano impigliate.
(Honoré de Balzac)
Per rendersi davvero conto dell’approssimazione che governa parti significative della riformona sul riconoscimento della disabilità – all’esame delle Camere – è utile osservare il pastrocchio generato sulla valutazione necessaria al collocamento mirato e dunque alla possibilità di lavorare.
Com’è oggi? Oggi per iscriversi alle liste di collocamento e fruire dei servizi e dei sostegni per entrare nel mercato del lavoro – contesto che di suo esclude ancora molte persone con disabilità in particolare intellettiva e relazionale – è preventivamente richiesta una specifica valutazione che dovrebbe essere tutt’altro che sbrigativa. Questa, aggiuntiva all’accertamento dell’invalidità, viene eseguita da una commissione composta da un medico specialista in medicina legale, due medici di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro, un operatore sociale e un esperto nei casi da esaminare.
La valutazione avviene secondo criteri e modalità fissate nel 2000 con tanto di scheda di rilevazione di capacità residue. Questo è quanto stabilisce la nota legge 68 del 1999. Nel frattempo, nel marzo 2022, il Ministero del lavoro, dopo avercele fatte attendere per sette anni (dai tempi del Jobs Act) ha finalmente adottato con decreto le “Linee guida sul collocamento mirato”.
Le pur tardive Linee guida hanno però il merito di fornire utili indicazioni, se attuate, per migliorare molte procedure e ricalibrare alcuni sostegni. Senza divagare: le Linee guida si dilungano operativamente su come dovrebbe avvenire la valutazione, con quale spirito e finalità, adattandosi anche al linguaggio ICF, cioè alle codificazioni internazionali. Offrono anche una congruente scheda valutativa che consente la definizione del profilo di funzionamento della persona e delle sue competenze in ambito lavorativo. Un lavorone (senza ironia alcuna) sviluppato anche attraverso un accurato confronto con le principali esperienze europee di settore. Quello che ne esce dovrebbe essere un report – passatemi il termine – utile poi anche ai servizi che il collocamento lo devono attuare per davvero.
Bene, ora avete tutti gli elementi pregressi.
Arriviamo alla riformona. Applicando quello che, in modo un tantino scombiccherato, aveva stabilito la legge delega sulla disabilità, viene prevista una unica valutazione di base che riunifica tutti gli accertamenti più “elementari”, cioè quelli funzionali a ricevere assegni, pensioni e indennità, benefici fiscali, agevolazioni lavorative, accesso all’assistenza protesica. Nella valutazione di base confluisce anche quella per il collocamento mirato, che fino ad oggi viene definita disabilità ai fini lavorativi.
Innanzitutto ne deriva che vengono soppresse le relative commissioni 68 (quelle che hanno il medico del lavoro e l’esperto nel caso da esaminare). La valutazione la fanno due medici (prevalentemente medici legali) e un operatore sociale o uno psicologo, tutto in un’unica seduta la cui durata è meglio non prevedere.
Scompaiono dall’orizzonte anche tutti gli strumenti e le griglie valutative usate fino ad oggi, rivedute, rielaborate e affinate.
Il decreto che contiene la riformona contempla, infatti, puntualmente l’uso del WHODAS [vedi altro articolo], per definire l’intensità dei sostegni, le tabelle di invalidità – rivedute e corrette – per definire percentuali di invalidità e altre minorazioni, ma non prevede nessuno strumento o modalità per il profilo di funzionamento e delle competenze lavorative.
Una omissione che ha rilevato anche il Consiglio di Stato, ma che per ora non è stata colmata, né, con tutta probabilità, verrà compensata.
In questa furia (apparentemente) semplificatoria si è evidentemente perso di vista che la considerazione delle competenze, delle inclinazioni, delle capacità, del profilo di funzionamento in ambito lavorativo non è affatto una valutazione di base, ma multidimensionale e che prevede maggiore accuratezza e attenzione.
Vediamo ora i cortocircuiti che ne derivano profilando differenti scenari.
Il primo: non ho compreso nulla e le valutazioni ai fini della legge 68 verranno effettuate usando le indicazioni delle Linee guida del 2023 e lo schema allegato. A parte che questo non è scritto nel decreto legislativo, che invece tace sui criteri, la valutazione verrebbe effettuata da una commissione di tre persone, nessuna delle quali esperta nel caso da esaminare, né con la partecipazione di un medico del lavoro.
Il secondo: ho compreso bene e non verrà usato nessun criterio o schema specifico pregresso per la valutazione della disabilità e del profilo di funzionamento in ambito lavorativo (come, d’altra parte, ha censurato il Consiglio di Stato). Ma allora chi lo redigerà? Se lo si redige altrove si tradisce la millantata narrativa della seduta unica e unificatrice. Se non lo si redige è un grave problema per i passaggi successivi e per l’attivazione di sostegni all’occupazione.
Il terzo: in un’unica seduta verrebbe somministrato il WHODAS per l’intensità dei sostegni (richiede mediamente 20 minuti), vista la documentazione clinica, applicate le tabelle di percentualizzazione dell’invalidità, valutata l’eventuale non autosufficienza o disabilità gravissima e compilato lo schema di valutazione per la legge 68/1999. Forse è il caso di prevedere un regime di semiresidenzialità.
Comunque la si metta, non sembra che la norma sia ispirata ad un reale interesse all’inclusione lavorativa e a garantirne gli essenziali passaggi propedeutici.
Forse non è malafede, ma solo – e il che non consola – approssimazione.
Di certo non si può sentenziare che il decreto sia, come ha belato qualcuno, una produzione normativa di alto profilo.
P.s.: il testo dello schema di decreto, la relazione tecnica e altri documenti sono disponili nel sito del Senato
P.s.: Le linee guida sul collocamento mirato, approvate con decreto 43/2022 sono consultabili a questa pagina.