“Prima tracciate le curve che vi servono, poi trovate i punti che corrispondono.”
(Quarta legge di Finagle)
Complice l’anticiclone africano e il venticello da pausa estiva, che in Italia inizia a luglio e finisce a settembre, è blandamente scemato il marketing politico attorno alla riformona della disabilità. Sì, quella riformona canonizzata come epocale, come una svolta per milioni di persone con disabilità, prodromica di scenari edenici in cui tutti potranno garantirsi la realizzazione delle proprie aspettative, la soddisfazione delle proprie necessità, da protagonisti.
Una celebrazione a cui hanno ampiamente contribuito associazioni, loro referenti, ma anche buona parte di una stampa particolarmente acritica quando si tratta di disabilità e quando si vuole evitare di disturbare il conducente anche solo con qualche domanda in più.
Tanto il clamore e l’enfasi dei festeggiamenti, quanto paludato invece il silenzio rispetto a quanto è accaduto in questi giorni e che, a volerlo vedere, riporta alla brutale realtà e fa saltare sulla sedia. Per comprenderne la portata, riprendiamo l’incensato testo della riformona (decreto legislativo 62/2024).
Fra le altre innovazioni, prevede una cesura netta fra la valutazione di base della condizione di disabilità e la successiva valutazione multidimensionale quest’ultima funzionale poi alla redazione del progetto di vita (individuale, personalizzato, partecipato bla bla) e alla definizione del budget di progetto (soldi, risorse, personale, prestazioni) su cui questo dovrebbe reggersi. Dovrebbe.
È evidente che i potenziali interessati drizzino le orecchie: si intende cambiare criteri e procedimenti che oggi riguardano l’invalidità civile (e le pensioni) e l’handicap, a cui si cambia nome, che attualmente consente permessi e congedi lavorativi, oltre che sostegno scolastico e molto altro. Insomma, nel bene e nel male, con questi chiari di luna è normale preoccuparsi o illudersi.
La riforma stabilisce che tutto il sistema sarà regolato da un corposo e ambizioso decreto che innanzitutto riprenderà, con una certa fascinazione scientista, le classificazioni internazionali ICD e ICF) in materia di malattia, salute, disabilità, funzionamento ma poi declinerà anche le modalità per definire il livello di sostegno di cui hanno necessità le persone con disabilità. Lo stesso decreto dovrà poi rivedere le tabelle che oggi si usano per la valutazione delle minorazioni civili. Poi c’è dell’altro: il decreto dovrebbe indicare con maggiore rigore chi e quando possa essere sottoposto a revisione.
Insomma un passaggio, quello dell’elaborazione del decreto, ambizioso sì (secondo me pretenzioso), ma fondante della stessa riforma. Dunque il primo impegno da affrontare anche perché dal primo gennaio 2025 inizia la sperimentazione; congruentemente la riformona prevede che il decreto sia approvato entro il prossimo novembre. 30 novembre 2024. Tenete a mente questa data ché ha un senso molto rilevante.
E finalmente dopo un anno di sperimentazione, il nuovo sistema entrerà a regime: il traguardo teorico è il 1° gennaio 2026.
Tutto chiaro fin qua? Per arrivare a Fantasilandia ci vuole prima il decretone.
Le indicazioni del decretone servono anche per condurre una sperimentazione degna di questo nome e con una parvenza di scientificità: cosa sperimentare, dove condurre la sperimentazione, su qual campione e strutturato come. Senza che quei presupposti siano palesi e trasparenti nessuna sperimentazione è credibile né – tanto meno – consente di correggere eventuali errori del sistema, di affinare i procedimenti, di sanare le distorsioni.
In origine la sperimentazione doveva investire territori abitati da almeno il 20% della popolazione, suddivisi fra centro, nord e sud. Le 9 province sono state individuate (decreto legge 71/2024) ma non si raggiunge nemmeno il 10% della popolazione. Pace…
In quelle province la sperimentazione, sia sulla valutazione di base che su quella multidimensionale e sul progetto di vita., si dovrebbe condurre a campione. A chi ha un minimo di pudore, se non rispetto, verso le scienze statistiche è noto che il campione dovrebbe essere rappresentativo del cosiddetto universo, cioè dell’assieme della popolazione da indagare e dunque dei potenziali fenomeni. Sennò è una finta. Siamo proprio all’ABC.
E fin qui la narrazione.
Veniamo ad oggi e alla cruda quanto silente realtà.
Nelle ultime settimane il Parlamento è stato chiamato a convertire e, volendo, modificare un decreto legge (il 71 del del 31 maggio 2024). Un testo che contiene anche altre imbarazzanti questioni, ma qui restiamo sugli interventi che riguardano la glorificata riforma sulla disabilità.
La doccia fredda assume le vesti di un emendamento del relatore (Rossano Sasso, Lega) ovviamente concordato con la parte governativa. L’emendamento, approvato incredibilmente senza tante opposizioni, è ora legge (legge 106/2024) pubblicata e vigente.
Prima novità: il decretone su cui si fonda la riforma, quello che dovrebbe regolarne criteri e impianti, quello che impatta direttamente sulla novella valutazione della disabilità, viene posticipato di un anno: dal novembre 2024 al novembre 2025. Segno evidente di quanto il Legislatore abbia sottovalutato in origine la delicatezza e la complessità queste faccende, ma abbia millantato qui e là la fattibilità del tutto.
È allora su cosa e su chi si effettua la sperimentazione?
Mentre si aspetta quel decreto verrà approvato un regolamento “provvisorio”, utile alle sperimentazioni, in cui verranno stabiliti “i criteri per l’accertamento della disabilità connessa ai disturbi dello spettro autistico, al diabete di tipo 2 e alla sclerosi multipla”.
Avete letto bene: la sperimentazione riguarderà solo tre delle migliaia di possibili condizioni personali. Ignoti i criteri di scelta, in particolare del diabete di tipo 2, tanto da far sospettare per quest’ultimo un refuso (era forse diabete mellito di tipo 1?).
I potenziali interessati possono essere soddisfatti di essere oggetto prioritario di cotanta sperimentazione? Forse sì se questo significa poter arrivare – pur sperimentalmente – prima degli altri a futuribili progetti di vita su cui ci sono due spicci in più. O forse no.
E chi ne rimane escluso come può reagire? Chi ha una compromissione plurima? Chi ha una patologia neurologica? Chi ha una grave limitazione sensoriale?
Al di là delle umanissime e comprensibili reazioni, una cosa è certa: la sperimentazione avrà ben poco di scientifico. L’universo da indagare è ridotto al lumicino e a casi specifici. I processi da sperimentare mancano della fonte principale: il decreto che slitta fine novembre 2025 con i suoi delicati criteri e modalità su cui non vi sarà alcuna sperimentazione, alcuna valutazione degli impatti e degli effetti.
E viene anche legittimamente da interrogarsi sui contenuti della formazione che fra qualche settimana dovrebbe prendere avvio, anche quella con notevoli pretenziose aspettative.
Tutto ciò sarebbe agevolmente archiviabile nel cumulo della fuffa normativa bipartisan degli ultimi anni, se non fosse che impatta direttamente sulle vite degli individui e delle famiglie, persone che negli ultimi mesi sono stati malamente sedati – non sempre con successo – a forza di racconti e illusioni.
Poi ci sarebbe anche dell’altro, ma prima metabolizziamo questo.