In Italia c’è la corruzione. Non ci crederete ma sembra proprio che sia vero! A parte la Magistratura ordinaria, adesso a denunciarlo ci si mette pure la Corte dei Conti. Nero su bianco, con tanto di numeri che la nostra mente, abituata a fare i conti sulle centinaia, non riesce nemmeno ad elaborare.
Nel Paese in cui la furbizia sembra essere assurta a quinta virtù cardinale, a scapito della giustizia e della temperanza, si è mangiato su tutto. Non solo sulle strade, sui ponti, sull’immondizia, sugli edifici pubblici, ma pure sull’emergenza delle disgrazie e financo della salute.
Che qualcuno si sia arricchito facendo la cresta, potremmo – in un impeto di beota perdonismo – anche accettarlo come una inevitabile fatalità. Anche se la cresta l’ha fatta sui morti, sui farmaci, sulle malattie, sui ricoveri, sugli anziani e sui disabili …
Ma quella corruzione comporta anche un aumento complessivo – spaventoso a sentire la Corte dei Conti – dei costi pubblici, e quando la spesa pubblica aumenta oltre controllo, la si taglia.
I tagli – sempre e indipendentemente da chi ci governa – colpiscono i Cittadini più deboli. Aumenta la “partecipazione alla spesa”, si restringono i servizi essenziali, diminuisce la qualità della vita, soprattutto delle famiglie, degli anziani, delle persone con disabilità.
Ricordiamocene quando la nostra innata italica inclinazione ci porta ad ammirare il furbo di turno e i protagonisti di omeriche ruberie.
La corruzione è tanto grave da spingere anche questo Governo ad inserire nella propria agenda politica (scusate, ma usano questa formula), l’adozione di misure di contrasto all’odioso fenomeno.
Lo dirà il tempo, che invece è sempre galantuomo, se queste misure erano dettate da un’emergenza mediatica, oppure erano davvero frutto di una volontà dissuasiva e repressiva. Assieme al sospetto, speriamo infondato, sorge il dubbio che, in realtà in codice penale sarebbe già più che sufficiente e che queste “grida” siano solo la testimonianza dell’assenza di un reale volontà di controllo e di repressione. Voglia di giustizia, non sommaria ma neanche “dimenticona”. Efficace e più rapida della prescrizione che manda impuniti i ladri dimostratamente ladri, spacciandoli per assolti e puliti.
Fra le trovate anti-corruzione ce n’è una sicuramente – fuori da ogni sarcasmo – rimarchevole. È la pubblicazione, anche in internet, di tutte le procedure e gli iter di affidamento degli appalti e della consegna dei relativi lavori e servizi.
Non crediamo sia risolutiva rispetto alla vergogna della corruzione, delle mazzette, dei costi gonfiati, ma è certamente interessante per altri motivi e finalità. Finalità “nostre”, ovviamente.
La trasparenza e visibilità sugli appalti pubblici ci consente di impugnare, con maggiore tempismo ed efficacia, i relativi atti di fronte alle autorità competenti, di denunciare omissioni e violazioni, di bloccarne l’esecuzione.
Proviamo a pensare alla gara per l’acquisto di un stock di autobus di linea per quali non siano previste espressamente le soluzioni di accessibilità per gli anziani o le persone disabili. Da impugnare e bloccare.
Immaginiamo l’appalto per la realizzazione di un ponte urbano pedonale che sia progettato in violazione della normativa sulle barriere Da impugnare e bloccare.
Ipotizziamo la gara d’appalto per la ristrutturazione di qualsiasi edificio pubblico che non preveda la contestuale rimozione degli ostacoli. Da impugnare e bloccare.
E potremmo proseguire con i servizi, con le forniture e quant’altro possa contenere elementi discriminatori verso i più deboli. Sappiamo bene che se la corruzione è responsabile del 50% del disastro, l’altra metà va imputata alla incompetenza e alla superficialità.
Non possiamo, quindi, che essere speranzosi di fronte a questa nuova opportunità che potrebbe garantire una vigilanza democratica ed una tutela molto più efficace di quella fino ad oggi possibile.
Menti sveglie, occhi attenti e dita veloci sulla tastiera, non stanno attendendo di meglio, non per scovare la corruzione, ma per migliorare la qualità della vita.
Ma ce lo lasceranno fare? E fino a quando? (Carlo Giacobini)