Thiene, Vicenza. Nessuno ha mai compreso fino in fondo il perché di quella “H” subito dopo la “T”. I maligni sostengono derivi solo da una concorrenza campanilistica con la vicina Schio, che invece l’H ce l’ha. Ma questo poco ci importa: dalla cittadina ai piedi dell’Altopiano di Asiago arriva una rivoluzionaria e salvifica novità per le persone con disabilità, anzi, come dicono da quelle parti, “per le persone diversamente abili”.
Anche qui gli automobilisti maleducati e incivili continuano a parcheggiare nelle aree riservate alle persone con disabilità. Che siano multati lo impone già il Codice della Strada. Invero, il nostro Codice prevede anche, per quell’infrazione, la decurtazione di due punti dalla patente, ma è una sanzione largamente inapplicata: è più facile irrogare sanzioni a chi guida senza cintura o installare macchinette che rilevano, in modo più o meno regolare, eccessi di velocità e che ingrassano le altrimenti esangui casse comunali.
Ma torniamo a Thiene perché là è maturato un colpo di genio che rivisita una logica dantesca: il contrappasso. Tutte le contravvenzioni (68,25 euro l’una) saranno destinate a migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità. In soldoni fanno, in un Comune come Thiene, circa 7.000 nuovi euro l’anno. L’introito finirà ai Servizi Sociali del Comune e, in buona parte, saranno poi girati alla Cooperativa San Gaetano, che si occupa di inserimento lavorativo dei disabili.
Dichiara il Comandante dei Vigili di Thiene: “Ci sembra giusto anzi doveroso che chi è destinatario del disagio, cioè i diversamente abili [sic!] cui viene portato via il parcheggio, vengano in qualche misura ricompensati a spese di coloro che commettono la violazione”.
Ricompensati? Forse quelle persone non vogliono essere “ricompensate” o “indennizzate”. Più probabilmente pretendono di poter parcheggiare, ieri come domani, proprio dove lo stesso Comune ha deciso di riservare loro un posto e di segnalarlo in modo assolutamente evidente.
Apprezziamo la buona volontà: meglio questa che la diffusa indifferenza. Ma prioritariamente si garantisca quel diritto alla mobilità ché è un diritto di cittadinanza. Si preveda e si esegua la rimozione forzata dei veicoli abusivi, si applichi la decurtazione dei due punti dalla patente.
Ma a parte queste riflessioni, non si pensi che gli interventi in ambito sociale possano essere risolti con finanziamenti spot, con lotterie nazionali o locali, con il ricorso a residui di bilancio, con ciò che proviene da contravvenzioni di varia natura.
La spesa sociale per le fasce più deboli deve essere strutturale, continua, certa, adeguata e non certo estremamente compressa come lo è attualmente in Italia.
Affrontare problemi complessi, articolati e pressanti (per le famiglie e per i singoli) come quelli derivanti dalla non autosufficienza, comporta investimenti significativi e non discontinui.
Già! È questo il mutamento culturale necessario: quelli per gli interventi sociali sono investimenti, non spese.
Le spese si tenta di razionalizzarle, contenerle, limarle, considerarle come una disgrazia, una iattura. Ci si scervella per trovare altri cespiti da finanza creativa, per drenare a qualcuno qualche spicciolo per donarlo ai disgraziati, agli indigenti, ai minorati in forma di elemosina, di provvidenze, di microaiuti.
Gli investimenti comportano invece degli obiettivi certi, quantificabili, misurabili, trasparenti. Presuppongono una conoscenza dei bisogni reali, una programmazione seria, una valutazione dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi, una qualificazione dei servizi che non sono marginali nelle attività assicurate dallo Stato e dagli Enti locali, un controllo della qualità. La logica dell’investimento non consente clientelismo, favoritismi, sprechi, incompetenza; non ammette afflati compassionevoli, ma risultati da raggiungere, con un budget adeguato agli obiettivi.
Con questo piglio, quando si riflette su pensioni, assegni e indennità delle persone con disabilità, si applicano anche elementi per calcolare i costi degli accertamenti, i tempi di attesa, i risvolti economici dei ricorsi in giudizio.
Quando si programmano interventi per la non autosufficienza, siano essi di assistenza alla persona o forniture di ausili per l’autonomia, si quantifichino monetariamente anche i benefici positivi indiretti per la collettività, si consideri quanto l’investimento farà risparmiare, ad esempio, in termini di ricoveri o di intereventi infermieristici.
Nel frattempo i proventi delle multe e delle lotterie non ci faranno arrivare a nessuna meta, salvo, forse, nelle pagine di cronaca locale facendoci sentire tutti più buoni. (Carlo Giacobini)