Universalismo a saldi invariati

“Una spesa insostenibile! Il sociale costa troppo alla nostra esangue economia.  Dati i vincoli di bilancio in cui ci troviamo bisogna che l’universalismo sia selettivo. La spesa deve essere qualificata.”

E giù a far conti dei 12 miliardi concessi agli over65 per indennità di accompagnamento, ai miliardi non incassati per le prestazioni sociali agevolate, per il sostegno scolastico, per i centri diurni. Il tutto condito con affermazioni un po’ false, un po’ ruffiane: “Deve pagare di più chi può.” “Ci sono anziani ricchi che denunciano zero.”

Non ci vogliono dei geni per aumentare l’IVA o il prezzo delle sigarette o le accise sulla benzina. E non ci vogliono dei geni per rivedere l’ISEE. Servono più soldi per i servizi? Li paga chi ne fruisce. Semplice. Come? Rivedo l’ISEE: universalismo selettivo!

È la contraddizione in termini: un servizio (o una prestazione) teoricamente è garantito a tutti, ma selettivamente.

Come quella signorina disponibile con tutti, ma che finiva fatalmente la serata con il più ricco della compagnia …

L’universalismo è il voler essere. La selettismo la cruda realtà, spesso ammantata di ipocrisia.

Naturalmente il selettismo – ci piace appellarlo così – è straordinariamente fantasioso, grazie anche alla professorale collaborazione di “osservatori” e “analisti” che dalla Commissione Onofri in qua, cioè da vent’anni a questa parte, studia i fenomeni, formula indicatori, elabora tabelle, proietta nuove formule a vincoli di bilancio invariati e a costo zero, ma che forse non hanno mai passato qualche ora con una persona con demenza senile, non ha mai affiancato un autistico, non ha mai aspirato muco o praticato un cateterismo.

Sono imperturbabili saggi che addirittura profilano novelle “Utopia” e “Città del sole” dove l’assistenza alle persone (si badi bene  non certo erogata da badanti irregolari) sia un motore propulsivo dell’economia locale.

L’intuizione geniale è di non dare più quattrini (“non lasciare sole le famiglie con i soldi”), ma buoni, doti, voucher, card … si favorisce l’impiego, il lavoro, l’uscita dalla disoccupazione di milioni di giovani, si rimette in moto l’economia e i consumi. Come se quei due milioni di giovani senza lavoro, né arte né parte, non aspettassero niente di meglio che assistere un anziano non autosufficiente per ben 4 euro l’ora lordi.

Prospettive rosee: il tutto a saldi invariati.

Il selettista è particolarmente ferrato nel rielaborare i criteri per l’ISEE. Ferrato e fine comunicatore: lo si fa per il bene di tutti, lo si fa per far pagare di più chi può di più. Chi potrebbe non essere d’accordo con il dogma dell’equità? Nessuno! Ma un conto è essere equi per dividere una torta nuziale, un altro per dividere un panino secco.

Il selettista ti sciorina i costi a carico dello Stato, ma si impappina se gli fai notare che il milione e mezzo di badanti che ci sono Italia c’è qualcuno che le paga.

Il selettista ti dice che le badanti sono irregolari, ma arrossisce quando gli fai notare che il decreto flussi non lo hai fatto tu.

Il selettista ti evidenzia che le rimesse delle badanti all’estero sono pari a 6 miliardi l’anno, ma ingrugnisce se gli ricordi lo scudo fiscale e i capitali italiani in paradiso (fiscale).

Il selettista insiste che il reddito deve pesare di più, ma non riesce e ribattere quando gli ricordi che il Censis afferma che un malato di Alzheimer costa più di 10mila euro a famiglia, tolto quello che lo Stato da di carità di accompagnamento

Il selettista insiste che i patrimonio immobiliare deve pesare di più, ma balbetta quanto gli fai notare che la tua casa è ancora per metà della banca che ti ha concesso il mutuo o che avere un appartamento comporta anche dei costi indeducibili.

Il selettista intigna se gli fai notare che la carità di accompagnamento è comunque solo di 480 al mese, che lo “sconto” lo chiedi per andare ad un centro di riabilitazione, non per fare una crociera,  che la disabilità non produce certo reddito. Anzi.

L’impoverimento diretto, indiretto e indotto che innegabilmente deriva da una malattia, da una menomazione, dalla dipendenza, dalla rinuncia al lavoro per assistere i propri familiari, non rientra nelle variabili da considerare.

Troppo difficile per il selettista: lui ragiona sugli aggregati, sui grandi numeri, sulle coorti di età, sulle scale valutative, mica sulle storie di vita, sulla domiciliazione delle disgrazie, sulle carriere a singhiozzo …

Non gli interessa quanto ci metti tu: se ci metti qualcosa vuol dire che te lo puoi permettere. Il resto te lo paghi.

È come se l’oste mi mettesse in conto anche il pane che mi sono portato da casa. E ci pagassi pure l’IVA. (Carlo Giacobini)